martedì 9 gennaio 2007

Il gatto diventa... bassotto

da TGcom.it

Una razza di felino a zampe cortissime

E’ di taglia media, con zampe corte che lo rendono inadatto a saltare, ha la testa un po'
triangolare dai contorni arrotondati, muso sottile, fronte piatta, orecchie larghe e dritte, occhi grandi; è il gatto-bassotto, frutto di una mutazione spontanea avvenuta negli Stati Uniti, visto per la prima volta in Italia a Padova, in occasione dell'Esposizione internazionale del gatto di razza pregiata.

Questa razza si chiama Munchkin, in omaggio ai nani di Munchkin del film "Il mago di Oz", ed è stata presentata dall'allevatrice di Valdobbiadene Emanuela Nardin. Questa razza, che non è riconosciuta dalla Federazione Felina Internazionale (la principale al mondo, di cui fa parte l'Anfi italiana sotto il cui controllo si svolge l'evento padovano), ma solo dall'associazione americana Tica (International Cat Association, la seconda a livello mondiale).

Presentato al pubblico per la prima volta a New York nel 1991 il gatto bassotto esisteva in
Inghilterra già negli anni Trenta. Durante la guerra se ne sono perse le tracce, mentre un esemplare è stato segnalato nel '53 a Staligrado. Oltre alle zampe corte il Munchkin ha un corpo largo e la coda tenuta alta. Quando il micio è in piedi, le zampe posteriori si mostrano più lunghe delle anteriori. Forse non è bellissimo, ma è sicuramente uno degli esemplari più curiosi del mondo felino.

sabato 6 gennaio 2007

The Stooges - The Stooges

THE STOOGES
The Stooges (1969)
***** 90/100


Alla domanda “Chi ha inventato il punk?” le risposte della gente sono le più disparate: i più ignoranti in materia andranno sul sicuro affermando fieri “I Sex Pistols, naturale!”, quelli già più ferrati in materia nomineranno i Ramones e la scena newyorkese del CBGB, arretrando ulteriormente fino al 1973, anno di uscita del primo album dei New York Dolls. I più probabilmente si fermeranno qui, ma pochi sanno che il punk fu inventato nel 1969 e non nella New York brulicante di band rock'n'roll/garage né tantomeno nella Londra bruciante, bensì nella “città delle macchine”, la città della disoccupazione crescente e della noia generazionale: Detroit.
E' proprio a Detroit che nascono gli Stooges, gruppo guidato dal frontman Iggy Pop (che definire carismatico è un eufemismo) che sul finire degli anni Sessanta cambiò il corso della storia della musica, proponendo una personale rivisitazione del rock degli anni Sessanta, Jimi Hendrix e i Doors, esasperandone la componente decadentista e sguaiatamente disperata.
“The Stooges”, semplicemente così si intitola il primo album dei quattro, è il manifesto della noia e dell'insoddisfazione generazionale cui la band dell'”Iguana” si fanno portabandiera, un'esplorazione negli anfratti più oscuri e desolanti della psiche umana, una caduta senza appigli nelle bolge infernali, dove non c'è alcuna speranza di salvezza o di auto-realizzazione.
Tutto appare già chiaro fin dal primo riff di chitarra dell'album, quello che dà il via alla opening-track “1969”: la chitarra è distorta come non mai e magnificamente rappresenta la frustrazione di una generazione di sconfitti ancora prima di nascere, una generazione “no future”, così come la nomineranno poi i Sex Pistols, quasi un decennio dopo; tutta l'insoddisfazione della band è rappresentata divinamente dalla voce sguaiata di Iggy Pop che pronuncia con disillusione la frase culminante: “It's another year for me and you/Another year with nothing to do“ (“E' un altro anno per me e per te/un altro anno senza niente da fare”). Con la seconda traccia si toccano gli apici della depravazione e della ricerca di un'anarchia autodistruttiva: “I Wanna Be Your Dog” è il manifesto perfetto del punk-prima-del-punk, una canzone violentissima caratterizzata da un riff paurosamente compatto e ipnotico, che ci trasporta direttamente al centro di un vortice di eccessi ed esagerazioni; il pezzo esplode con il furente ritornello che ripete per tre volte di fila, con rabbia sempre maggiore, l'aspirazione di Iggy a ridursi ad un oggetto di sfogo sessuale, sebbene poi nella seconda strofa venga fuori tutta la poetica quasi decadentista dell'”Iguana” (“Now I'm ready to close my eyes/And now I'm ready to close my mind/And now I'm ready to feel your hand/And lose my heart on the burning sands”, ovvero “Adesso sono pronto a chiudere gli occhi/E adesso sono pronto a non pensare più a niente/E adesso sono pronto a sentire la tua mano/E a perdere il mio cuore tra le sabbie roventi”).
Il terzo episodio dell'album, “We Will Fall” è un pezzo tantra lungo dieci minuti che ricorda i deliri di Jim Morrison: sembra di essere in mezzo ad una seduta spiritica nella quale l'”Iguana” è il medium, un medium dannatamente inquietante che ci racconta le sue aspirazione di uno squallido amore consumato nella stanza 121 di un infimo motel, chiudendo il brano con una frustrante considerazione: sono le sei del mattino, è tempo di chiudere questa parentesi amorosa e di ritornare alla noia di tutti i giorni, addio.
Si ritorna al punk con “No Fun”, tanto è vero che i Sex Pistols chiusero il proprio ultimo concerto proprio con questa cover: nella prima parte della canzone Iggy, sempre supportato strumentalmente dai suoi degni accompagnatori, ci mostra l'inutilità e la disperata solitudine del genere umano (“No fun to hang around/Feeling that same old way”, “Nessun divertimento ad andare in giro/Sentendosi sempre allo stesso modo”), nella seconda strofa invece, dopo aver ribadito il concetto, lancia una disillusa invettiva al ritmo della vita di tutti i giorni, che non fa altro che aumentare la frustrazione di una vita senza realizzazioni (“Well maybe go out/Maybe stay home/Maybe call Mom on the telephone/Well come on, well come on, well come on..........”, ovvero “Potrei uscire/Potrei stare a casa/Potrei chiamare mamma al telefono/Andiamo avanti così, andiamo avanti così, andiamo avanti così........”).
Con “Real Cool Time” ritorna in primo piano il desiderio di amore, o meglio di sesso, di Iggy Pop, il quale canta (o meglio: ulula) con la solita intonazione tediosa la sua brama di fissare un appuntamento: lo stesso concetto si ripete per tutta la canzone, per mettere in risalto la disperata ricerca di emozioni che alla finesi risolvono sempre in un circolo vizioso, quello dell'insoddisfazione più pesante, quello della continua ricerca di emozioni e della continua disillusione di essi. Con “Ann” i toni si smorzano e Iggy Pop ritorna a fare il Jim Morrison, anche per quanto riguarda le liriche: è pura poesia, anche se si intravede sempre in qualche modo la frustrazione di un desiderio che non potrà mai appagare fino in fondo sé stesso (“I looked into your cool cool eyes/I felt so fine, I felt so fine/I floated in your swimming pools/I felt so weak, I felt so blue”, che suona come: “Ho guardato dentro i tuoi gelidi, gelidi occhi/Mi sono sentito così bene, così bene/Ho galleggiato nelle tue piscine/Mi sono sentito così debole, così triste”).
Il tema dell'amore non corrisposto e della disillusione dei desideri insiti nella natura umana ritorna anche nella seguente “Not Right”, nella quale Iggy con il solito tedio pronuncia svogliato le solite rime di desolazione (“I want somehing I want something tonight/But she can't help because she's not right/No, no, no, no/It's always, it's always this way”, tradotto: “Voglio qualcosa, vogli qualcosa questa notte/Ma lei non puoi aiutarmi perchè non è a posto/No, no, no, no/E' sempre, è sempre la stessa menata”). Lo stesso tema conclude anche l'album in un apice di depravazione e degenerazione, quella “Little Doll” in cui Iggy narra il suo massimo momento di realizzazione, una nottata passata con una “bambolina”, una prostituta, unico spicchio di felicità (apparente) in una vita caratterizzata da frustrazioni e insoddisfazioni (“You're the one who makes me sing/Bring happiness and everythin/You're the only real one/A real way to have some fun”, “Tu sei la sola che mi fa cantare/Che mi ha portato felicità e tutto il resto/Tu sei la sola reale/Un modo reale di divertirsi almeno un po'”).
Cala il sipario su questo capolavoro del rock'n'roll più selvaggio e depravato, del punk ante-litteram, ma anche della poesia decadente più intimista fatta musica.
Iggy oggi, dopo quasi quarant'anni, a sessant'anni suonati, è ancora “on the road” ed è sempre più animale da palco: non è un'esagerazione affermare che sia lui il vero re del rock'n'roll.

LINE-UP:
Iggy Pop – voce
Ron Asheton – chitarra
Dave Alexander – basso
Scott Asheton – batteria

TRACKLIST:
1. 1969
2. I wanna be your dog
3. We will fall
4. No fun
5. Real cool time
6. Ann
7. Not right
8. Little doll

venerdì 5 gennaio 2007

Best Punk Live Performances Ever

1) THE STOOGES
"I wanna be your dog"


2) RAMONES
"Blitzkrieg bop"


3) THE CLASH
"I fought the law"


4) NEW YORK DOLLS
"Looking for a kiss"


5) SEX PISTOLS
"God save the queen"

Paradosso del gatto imburrato

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.


Le due leggi alla base di questo paradosso sono:

  • Un gatto cade sempre sulle zampe (e mai sulla schiena);
  • Una fetta di pane imburrato cade sempre dalla parte del burro (derivata dalla Legge di Murphy);

Assunte queste due leggi come valide, basta prendere un gatto e legare una fetta di pane imburrato sul suo dorso (o cospargere di burro la schiena del gatto). Lasciando il gatto da un'altezza ipoteticamente infinita, il gatto tenderà a cadere sulle zampe, ed analogamente farà la fetta di pane imburrato, si creerà quindi un moto perpetuo in cui sia il gatto sia la fetta di pane continueranno a ruotare all'infinito.

Se invece il gatto viene fatto cadere da un'altezza finita, per la stessa ragione è impossibile che tocchi terra né sulle zampe né sulla schiena, e quindi rimarrà a mezz'aria, realizzando un dispositivo antigravitazionale.