Beh, per chi non lo conoscesse -ma anche per chi lo conoscesse- ecco una recensione di un numero veramente bello, uno degli ultimi usciti:
L'ospite sgradito!

Samantha Morris, una cliente di Dylan Dog, convinta che la fine del mondo sia vicina, si uccide, gettandosi da una terrazza. Quale relazione c’è tra il suicidio di Samantha, un’esplosione di follia collettiva e la creatura invisibile che sembra essersi impadronita dell’abitazione dell’Indagatore dell’Incubo?
Grande pubblicazione, questa, uscita ad inizio 2006!
Michele Medda evita come al solito la banalità e le situazioni trite e ritrite —che potevano essere fiutati dando una veloce occhiata alla copertina— e sforna un albo degno di tutto rispetto, ispirandosi ad un monologo di Giorgio Gaber e Sandro Luporini. "Il Grigio" —questo il titolo del monologo— parla della convivenza forzata e mai sopportata di un uomo con un ospite che si è "installato" abusivamente nella sua abitazione.
Un albo altamente teatrale, dunque, che si collega in qualche modo ad alcune storie "old school" del DYD surreale, cupo, malinconico e pessimista, grazie anche ad un eccellente lavoro di Stano alla parte grafica dell'albo; un viaggio nell'inquietudine umana per capirne i motivi e le conseguenze; un turbine di disillusioni e delusioni che può portare un uomo —come potremo vedere dalla storia— alla depressione più nera e all'idea che la fine del mondo sia vicina.
Farà certo discutere questo lavoro, è vero, ma il bello stà anche in questo: Michele Medda osa pubblicando una storia atipica e con pochi punti in comune con lo standard moderno a cui ci hanno abituato le uscite dell'Indagatore dell'Incubo degli ultimi anni.
Capolavoro il monologo finale, che potete leggere qui sotto.
"Per la prima volta eravamo faccia a faccia. E, per un attimo, restammo immobili, io e l’intruso, incapaci di credere che quel momento fosse arrivato.
Provavo una grottesca sensazione, mentre ci affannavamo in quel grottesco balletto.
Una parte di me lottava con l’intruso, ma l’altra non poteva fare a meno di chiedersi che cosa mi avesse portato fin la, e con quale scopo.
Ma non lo sapevo. Non sapevo più niente.
Una mattina ero nella mia casa, e tutto quello che avevo intorno era il mio mondo. Il MIO mondo.
E poi, a un tratto, il mondo aveva cominciato a cambiare.
Ad andare in pezzi, letteralmente.
Non avevo modo di tornare indietro.
Tutto quello che riuscivo a fare era dibattermi in una trappola condivisa con un intruso. E solo adesso capivo…
Capivo che l’intruso era come me, che anche lui aveva paura, che anche lui era in trappola…
E non ero più tanto sicuro che liberarmi di lui significasse liberare me stesso.
Non ero più nemmeno sicuro che fosse un intruso che si era nascosto nella mia casa, quanto un intruso che si era nascosto dentro di me.
Qualcuno di reale, si, e forse non affatto un intruso…Ma soltanto un riflesso.
Ormai era spacciato, e fu in quel preciso momento…fu in quel preciso momento che io e l’intruso ci guardammo negli occhi per la prima volta.
E in quella frazione di secondo, capii e sono sicuro che anche lui capì.
Capì perfettamente il senso, anzi, il non senso di tutto ciò.
L’illusione di essere arrivati fino a qual punto per una serie di scelte, di atti volontari e delle direzioni prese e di quelle scartate.
Perché le nostre scelte sono limitate dal fatto di essere obbligati a scegliere, e non vediamo che la nostra vita è governata dal caso…
Coma da un’intersecata rete di impulsi elettrici che interagiscono tra loro, e dal caos generano una singola imprevedibili scintilla…che anziché portare la luce, ci avvolge nel buio.
Quando la luce tornò, l’intruso era scomparso.
Con il sorgere del giorno giunse il dubbio che l’intruso fosse ci fosse mai stato. E il mondo era tornato quello che conoscevo.
A tutt’oggi, non riesco a spiegarmi quello che è accaduto, a volte penso che banalmente che è stato un sogno.
Altre volte penso che è stato tutto reale, che si è allargata una maglia di tessuto dell’universo, e due dimensioni parallele si sono incrociate per un certo tempo.
E ripenso anche all’intruso, anche lui si starà ponendo le stesse domande…anche lui starà cercando di riannodare i fili spezzati dei sui piccoli gesti di ogni giorno, di riconnettersi col mondo…
Quasi mi dispiace non potere fargli sapere che non ripenso a lui con odio. Sono quasi contento di averlo incontrato. Chi lo sa, forse era necessario che ci incontrassimo.
Forse abbiamo bisogno di qualcuno o di qualcosa che non faccia addormentare i nostri dubbi, qualcosa che ci salvi dal rischio di assopirci, di guardare il mondo da una sola angolazione.
Come se ci limitassimo a guardarlo dalla finestra.
Allora potremo capire che il precario equilibrio del mondo racchiude in se la possibilità di milioni di mondi differenti…
Come ognuno di noi racchiude dentro se altrettanti differenti individui…
...e quando avremo capito questo...
Non avremo più paura."
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