domenica 29 ottobre 2006

Milan - Inter 3-4

MILANO - L'Inter vince 4-3 contro il Milan nel 265° derby di Milano valido per la 9^ giornata di Serie A Tim 2006-2007. Cornice di pubblico delle grandi occasioni con lo stadio "Meazza" gremito in ogni ordine di posti. La partita inizia con le due formazioni in campo che si affrontano a viso aperto alla ricerca della rete per sbloccare la partita. L'Inter passa in vantaggio al 17': punizione per l'Inter dalla trequarti destra, batte Stankovic, sul gran colpo di testa di Crespo a centro area Dida non può nulla. Dopo soli cinque minuti i nerazzurri raddoppiano (22'): Stankovic riceve palla al limite dell'area, meraviglioso destro del serbo e palla all'incrocio dei pali alle spalle di Dida. Prima della conclusione del primo tempo da segnalare una gran punizione battuta da Ibrahimovic dai 25 metri in posizione defilata sulla sinistra, è bravo Dida ad allungarsi e respingere coi pugni.
Nella ripresa succede veramente di tutto. I nerazzurri segnano subito il terzo gol (2') con Ibrahimovic: contropiede dell'Inter con Stankovic, palla ad Ibra sulla destra, lo svedese vince un rimpallo ed entra in area, il suo tiro è toccato da Dida, la palla però si infila ugualmente in rete. Il Milan accorcia le distanze dopo soli tre minuti (5'): conclusione di Seedorf da fuori area, la palla deviata da Cordoba finisce alle spalle di Julio Cesar. Quarto gol dell'Inter al 24': punizione battuta da Figo dalla destra, gran colpo di testa di Materazzi da due passi e palla alle spalle di Dida. Il difensore dell'Inter, però, viene espulso perché nell'esultanza alza la maglietta. I rossoneri raddoppiano al 31': su cross dalla destra Julio Cesar non può nulla sul colpo di testa di Gilardino a centro area. I nerazzurri sono stanchi in inferiorità numerica e con Vieira che ha un problema al piede e zoppica vistosamente, però con grande carattere difendono il risultato. Decisive in alcune occasioni le grandi parate di Julio Cesar che, però, non può nulla al 46': cross dalla destra dei rossoneri, il portiere nerazzurro esce e non trattiene la palla che arriva a Kakà al limite. Il pallonetto del brasiliano è in rete nonostante il tentativo di allontanarlo di Cordoba in spaccata.


È lui il grande protagonista del 265° derby di Milano. Dejan Stankovic, oltre al gran gol segnato nel primo tempo è stato protagonista di due assist e di una prestazione maiuscola, nella quale ha abbinato qualità e quantità. "La squadra ha dimostrato grande grinta - esordisce il serbo a Sky -, sino alla fine abbiamo combattuto insieme. Avevamo un uomo in meno e c'era Vieira che non stava bene ed è rimasto in campo. La squadra ha dato tutto quello che aveva dentro. Peccato non aver vinto 3-0 o 4-1, ma è meglio così perché abbiamo imparato a soffrire tutti insieme". "Questa sera ho fatto un gran gol da fuori area e anche i passaggi per i gol di Hernan e Ibra - prosegue il serbo -, per questo sono molto felice. Ringrazio i tifosi che sono stati spettacolari, a tutto lo staff e ai miei compagni. In questo periodo sono molto tranquillo, gioco per aiutare la squadra e non per trovare a tutti i costi il gol, le reti prima o poi arrivano quando lavori tanto. Quanto è forte l'Inter? Sino al 60' si è visto, vincevamo 4-1 contro un grande Milan e stavamo giocando alla grande. Poi, con noi in dieci, ci stava che loro avessero una reazione".

giovedì 19 ottobre 2006

Dylan Dog

Ciao ragazzi! E' da un po' che non ci sentiamo: la scuola e tutto il resto (tra cui my sweety Vanessa) stanno assorbendo tutto il mio tempo... tra il "resto" c'è anche il mio ultimo progetto: fare un sito di sole recensioni di Dylan Dog, una mia grandissima passione, piuttosto ed anzichenò!
Beh, per chi non lo conoscesse -ma anche per chi lo conoscesse- ecco una recensione di un numero veramente bello, uno degli ultimi usciti:

L'ospite sgradito!

Febbraio 2006: Albo mensile #233, L'ospite sgradito. Soggetto e sceneggiatura: Michele Medda; Disegni: Angelo Stano; Copertina: Angelo Stano. ♠♠♠♠

Samantha Morris, una cliente di Dylan Dog, convinta che la fine del mondo sia vicina, si uccide, gettandosi da una terrazza. Quale relazione c’è tra il suicidio di Samantha, un’esplosione di follia collettiva e la creatura invisibile che sembra essersi impadronita dell’abitazione dell’Indagatore dell’Incubo?

Grande pubblicazione, questa, uscita ad inizio 2006!
Michele Medda evita come al solito la banalità e le situazioni trite e ritrite —che potevano essere fiutati dando una veloce occhiata alla copertina— e sforna un albo degno di tutto rispetto, ispirandosi ad un monologo di Giorgio Gaber e Sandro Luporini. "Il Grigio" —questo il titolo del monologo— parla della convivenza forzata e mai sopportata di un uomo con un ospite che si è "installato" abusivamente nella sua abitazione.
Un albo altamente teatrale, dunque, che si collega in qualche modo ad alcune storie "old school" del DYD surreale, cupo, malinconico e pessimista, grazie anche ad un eccellente lavoro di Stano alla parte grafica dell'albo; un viaggio nell'inquietudine umana per capirne i motivi e le conseguenze; un turbine di disillusioni e delusioni che può portare un uomo —come potremo vedere dalla storia— alla depressione più nera e all'idea che la fine del mondo sia vicina.
Farà certo discutere questo lavoro, è vero, ma il bello stà anche in questo: Michele Medda osa pubblicando una storia atipica e con pochi punti in comune con lo standard moderno a cui ci hanno abituato le uscite dell'Indagatore dell'Incubo degli ultimi anni.
Capolavoro il monologo finale, che potete leggere qui sotto.

"Per la prima volta eravamo faccia a faccia. E, per un attimo, restammo immobili, io e l’intruso, incapaci di credere che quel momento fosse arrivato.
Provavo una grottesca sensazione, mentre ci affannavamo in quel grottesco balletto.
Una parte di me lottava con l’intruso, ma l’altra non poteva fare a meno di chiedersi che cosa mi avesse portato fin la, e con quale scopo.
Ma non lo sapevo. Non sapevo più niente.
Una mattina ero nella mia casa, e tutto quello che avevo intorno era il mio mondo. Il MIO mondo.
E poi, a un tratto, il mondo aveva cominciato a cambiare.
Ad andare in pezzi, letteralmente.
Non avevo modo di tornare indietro.
Tutto quello che riuscivo a fare era dibattermi in una trappola condivisa con un intruso. E solo adesso capivo…
Capivo che l’intruso era come me, che anche lui aveva paura, che anche lui era in trappola…
E non ero più tanto sicuro che liberarmi di lui significasse liberare me stesso.
Non ero più nemmeno sicuro che fosse un intruso che si era nascosto nella mia casa, quanto un intruso che si era nascosto dentro di me.
Qualcuno di reale, si, e forse non affatto un intruso…Ma soltanto un riflesso.
Ormai era spacciato, e fu in quel preciso momento…fu in quel preciso momento che io e l’intruso ci guardammo negli occhi per la prima volta.
E in quella frazione di secondo, capii e sono sicuro che anche lui capì.
Capì perfettamente il senso, anzi, il non senso di tutto ciò.
L’illusione di essere arrivati fino a qual punto per una serie di scelte, di atti volontari e delle direzioni prese e di quelle scartate.
Perché le nostre scelte sono limitate dal fatto di essere obbligati a scegliere, e non vediamo che la nostra vita è governata dal caso…
Coma da un’intersecata rete di impulsi elettrici che interagiscono tra loro, e dal caos generano una singola imprevedibili scintilla…che anziché portare la luce, ci avvolge nel buio.
Quando la luce tornò, l’intruso era scomparso.
Con il sorgere del giorno giunse il dubbio che l’intruso fosse ci fosse mai stato. E il mondo era tornato quello che conoscevo.
A tutt’oggi, non riesco a spiegarmi quello che è accaduto, a volte penso che banalmente che è stato un sogno.
Altre volte penso che è stato tutto reale, che si è allargata una maglia di tessuto dell’universo, e due dimensioni parallele si sono incrociate per un certo tempo.
E ripenso anche all’intruso, anche lui si starà ponendo le stesse domande…anche lui starà cercando di riannodare i fili spezzati dei sui piccoli gesti di ogni giorno, di riconnettersi col mondo…
Quasi mi dispiace non potere fargli sapere che non ripenso a lui con odio. Sono quasi contento di averlo incontrato. Chi lo sa, forse era necessario che ci incontrassimo.
Forse abbiamo bisogno di qualcuno o di qualcosa che non faccia addormentare i nostri dubbi, qualcosa che ci salvi dal rischio di assopirci, di guardare il mondo da una sola angolazione.
Come se ci limitassimo a guardarlo dalla finestra.
Allora potremo capire che il precario equilibrio del mondo racchiude in se la possibilità di milioni di mondi differenti…
Come ognuno di noi racchiude dentro se altrettanti differenti individui…
...e quando avremo capito questo...
Non avremo più paura."

mercoledì 4 ottobre 2006

Lo Strano Caso del Dottor Jekyll e Mr. Hyde


Ho letto ieri (ebbene sì, in un giorno!) questo bellissimo romanzo, capolavoro di Stevenson nonchè una delle colonne portanti del filone horror-gotico dell'Ottocento.

TRAMA:
Il rispettabile ed apprezzato dottor Jekyll isola, grazie ad un innovativo esperimento, la parte malvagia della sua stessa personalità: questa parte malvagia prende forma in Mr Hyde e in tutte le nefandezze che questi compie durante le sue scorribande notturne.
Largamente noto, il testo si affianca a percorsi antologici sull’horror d’autore .
"Subito lo spirito demoniaco si risvegliò in me e imperversò. In un impeto di follia straziai quel corpo che non opponeva resistenza, assaporando la gioia di ogni colpo, e solo quando subentrò la stanchezza, improvvisamente, nel parossismo del delirio, il mio cuore fu trafitto da una gelida morsa di terrore. La nebbia si disperse; mi resi conto d'essermi giocato l'esistenza e fuggii da quella scena di infamie... "
Romanzo chiaramente incentrato sulla figura del doppio (the theme of the double, tanto caro agli scrittori gotici e non del periodo) e sul dualismo umano bene/male, Stevenson per scriverlo deve aver sperimentato l'angoscia, il senso del disgusto e del grottesco e della malvagità che pervade irrimediabilmente l'intero racconto.
Nelle mie sensazioni c’era qualcosa di insolito, qualcosa di nuovo e di indescrivibile e, per la stessa novità, di infinitamente dolce. Mi sentivo più giovane, più leggero, più felice (…) una libertà dell’anima sconosciuta ma non per questo innocente. Al primo vagito di questa nuova vita ebbi coscienza di essere più malvagio, dieci volte più malvagio, incatenato come schiavo al mio male originario. E quel pensiero allora mi inebriò, mi colmò di delizie come una coppa di vino. Stesi le braccia nella prorompente ebbrezza di quelle sensazioni…
Ecco un'estratto dall'ultimo capitolo, parte principale e apice narrativo del libro: la lettera di "testamento" del dottor Henry Jekyll:

“Il mio nome è Henry Jekyll, nato nell’anno 18.., notevolmente ricco e dotato di eccellenti qualità…e questa è la storia della mia vita sciagurata e sfortunata. Fin da quando ero giovane ho sentito nel mio animo l’ostilità tra il bene e il male, una lotta continua che mi affaticava e mi consumava. Dovevo liberare me stesso…e l’intera umanità da questa lotta….iniziai a sperimentare nuove formule, pozioni, a mescolare polveri e sali, e alla fine arrivai a una pozione che mi permise di dare il predominio a una sola delle due nature dell’animo umano. Ed eccomi lì, solo nel mio studio, con la pozione in mano e pronto a sperimentarla su me stesso. Avevo esitato a lungo..avevo temporeggiato nel mettere in pratica l’esperimento, perché sapevo che poteva costarmi la vita. Ma alla fine la curiosità, il desiderio di dominare gli elementi…la sete di conoscenza avevano avuto il sopravvento e così bevvi il contenuto dell’amaro calice tutto d’un fiato…e all’inizio fu come morire…le ossa iniziarono a scricchiolare, provai un gran dolore fisico, una grande nausea…ma alla fine, la metamorfosi mi trasformò….mi scrollai di dosso la mia coscienza, e divenni per questo un essere più libero, più felice. Era così inebriante…si, mi piaceva poter disporre di due personalità tanto diverse…poter essere uno stimato dottore di giorno, e trasformarmi in un uomo piccolo e meschino di notte…che aveva il solo desiderio di appagare i propri appetiti. La mattina, quando mi risvegliavo, ero di nuovo io…e le mie due nature avevano in comune solo la memoria..sì, perché io ricordavo tutte le sciagurate azioni compiute da Hyde e, all’inizio, quasi me ne compiacevo. Come sono stato cieco…credevo di essermi liberato dell’antitesi tra bene e male…credevo di poter controllare Hyde…come mi sbagliavo…era il male che ora controllava me. Le metamorfosi divennero sempre più difficili…ci volevano dosi di droga sempre maggiori, ed era sempre più dispendioso trovare le sostanze di cui avevo bisogno. Il male lottava per prendere il sopravvento….Hyde voleva sempre qualcosa in più…i suoi delitti divennero sempre più efferati…si trasformò, e mi trasformai, in un mostro, capace di calpestare una povera bambina o di uccidere a bastonate un pover’uomo che si fosse trovato per caso sulla mia strada. Persi il controllo…ahimè…sono stato così stupido e ingenuo a credere di poter dominare il male, di poterlo porre sotto il mio controllo….alla fine ne fui sopraffatto. Hyde divenne sempre più forte...iniziò a minacciarmi di rovina….fui sopraffatto dal terrore….la trasformazione avveniva ormai anche senza la pozione….andavo a dormire la notte, di ritorno dalle mie scorribande per la città, e al mattino dopo ero ancora lui..Hyde….tornare ad essere me, il Dottor Jekyll divenne sempre più difficile…impossibile. Ma anche Hyde aveva paura…il suo attaccamento alla vita divenne fortissimo…e so che aveva iniziato a fare strani progetti…voleva liberarsi per sempre di me, uccidermi, trasformarsi da vittima a carnefice…ma non sapeva come fare…perché uccidere me era come uccidere se stesso. Gli ultimi giorni della mia sciagurata vita furono un incubo…la natura bestiale aveva ormai sopraffatto quella umana…così mi rifugiai ancora una volta nel mio laboratorio…cercai di recuperare il mio aspetto originario senza riuscirci…e per questo decisi di porre fine alla mia esistenza e di uccidermi. Che ne sarebbe stato allora di Hyde? Sarebbe morto con me…oppure, all’ultimo mio respiro, sarebbe uscito per sempre dal mio corpo per continuare la sua esistenza? Lo sa Dio…io non me ne curo più…lascerò questo scritto che varrà come mio testamento…come estrema confessione..spero che il mio fedele maggiordomo Poole e il mio caro amico Utterson leggano queste poche righe e non giudichino troppo severamente i miei errori…li feci in buona fede…e ora li pago con la vita…addio…questa è la fine di un uomo che volle separare il bene dal male…valicare l’abisso, e alla fine ne fu risucchiato….ma ora muoio…è tempo di posare la penna…e di sperare che i posteri non mi giudichino troppo severamente….quel che ho fatto l’ho fatto solo per la scienza...e per la mia sete di sapere…"

Voto 9